
La crisi del Milan comincia ufficialmente dalla Stadio Marassi di Genova. Con il Bologna i rossoneri avevano pagato la malasorte, contro la truppa di Gasperini hanno mostrato lacune fisiche e tattiche imbarazzanti. Tutti salgono sul banco degli imputati, Ancelotti in testa, ma ce n'e' anche per i tre Palloni d'oro e per la dirigenza.
Il pomposo mercato rossonero, fatto di grandi nomi e poche idee, non ha dato i frutti sperati. Anzi. Il Presidente Berlusconi ha imposto Sheva e ha preteso il colpo Ronaldinho, Ancelotti ha incassato in silenzio, ma non ha trovato ancora l'equilibrio tattico. In una difesa priva di Nesta, Carletto lascia in panchina Kaladze e Jankulovski e schiera titolari Zambrotta, Bonera, Maldini e Favalli. In attacco Kakà e Ronaldinho non dialogano quaso mai con Shevchenko. L'ucraino vaga per il campo senza mai inquadrare la porta di Rubinho. Zambrotta e Favalli restano fermi in difesa per bilanciare una squadra già troppo proiettata in avanti e imbottita di giocatori 'poco mobili', ma è tutto inutile, bastano 45 minuti per capirlo.
Il trio dei Palloni d’Oro, fortemente sponsorizzato dalla dirigenza, sparisce nell’intervallo. Ancelotti boccia platealmente il mercato della società e si affida a Seedorf e Borriello. Con questi inserimenti cambia anche la fisionomia della squadra che ritrova un gioco più logico. Il vero problema resta la retroguardia, che priva di coperture, sbanda paurosamente, concedendo troppo ai ragazzi di Gasperini.
La sconfitta è giusta ed inevitabile, ma per ora senza conseguenze. Adriano Galliani dà fiducia all'allenatore: "Carletto non è in bilico. Ma, ripeterlo tutte le volte diventa stucchevole. E’ l’ultima volta che lo dico: certo che rimane". Mossa scontata, anche perchè il capro espiatorio non può esser il tecnico. Le colpe vanno condivise e gli stessi giocatori devono assumersi le proprie responsabilità. Per ora Ancelotti resta, ma nel frattempo i telefoni di Donadoni e Rijkaard restano accesi, una telefonata da Milanello potrebbe arrivare, prima o poi...
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